Tiberio Berardi

La prima Giunta di Rocchi era composta prevalentemente da liberali moderati con i quali l’intraprendente sindaco “democratico” riusciva a stento a collaborare, fino al punto da tenerli informati il meno possibile sui provvedimenti che intendeva adottare. Berardi (nella foto) era il rappresentante più prestigioso del gruppo degli assessori che comprendeva Evelino Waddington, Federico Pucci, Reginaldo Ansidei, Tito Orsini, Pirro Montesperelli, Aristide Foschi e Cesare Fani. Furono loro a dare le dimissioni perché Rocchi li teneva all’oscuro di tutto ed il primo firmatario della protesta fu proprio Tiberio Berardi (15/4/1815-1/9/1890).
Il vecchio patriota apparteneva a quella generazione che aveva scritto la storia del Risorgimento, combattendo in Veneto nel 1848 e a Roma nel 1849. Dieci anni dopo sarà uno dei protagonisti della rivolta perugina e membro del governo provvisorio. La condanna a morte che gli piovve sul capo lo costrinse a fuggire in Toscana da dove continuò a lottare per il trionfo della causa liberale. Dopo la liberazione fu uno degli uomini di punta dei liberali perugini e nelle elezioni politiche del 1861 venne eletto deputato nel collegio di Foligno. L’esperienza parlamentare si ripeté nel 1880, nel secondo collegio di Perugia, quando riuscì a battere il suo rivale Ariodante Fabretti, deputato uscente (329 voti contro 258).
Furono elezioni infuocate che videro il vecchio Berardi al centro di attacchi violenti da parte de “La Provincia”, mentre “Il Progresso”, il foglio dei liberali, si schierò a favore pubblicando la sentenza di condanna a morte emessa dal potere papalino. Ma Pianciani, l’articolista del giornale di Rocchi, non si dette per vinto rivelando che Berardi, già prefetto in varie province, “era stato a suo tempo dispensato dal servizio per incompetenza”. Ormai si era scesi sul piano personale e i liberali adottarono lo stesso sistema ricordando che Pianciani era un agente fiscale del defunto regime e affondò la lama su “quei vigliacchi che al tempo del papa non ebbero il coraggio di prendere un fucile e correre alla difesa della città e forsanche andarono a rallegrarsi col restaurato Commissario papale… e che oggi sorgono maestri di libertà ai vecchi liberali e gettano fango sul canuto lor capo.”
La “cavalleria” non mancava nemmeno allora e in questa occasione il giornale di Rocchi perse la partita. Nelle elezioni parziali del luglio 1884 le cose si misero male per i democratici e la lista liberale ottenne il pieno successo, senza eccessivi sforzi considerato che su 2.280 elettori solo 375 votarono. A novembre fu eletta la nuova Giunta di moderati in cui figuravano Tiberio Berardi e Paolo Angeloni che si alterneranno alla guida del Comune per un quadriennio ciascuno, in attesa del grande ritorno di Rocchi.
Berardi venne eletto sindaco f.f. (29 novembre 1884) in attesa del decreto formale che arriverà il 21 maggio dell’anno successivo. Il panorama politico generale si stava modificando e a Roma si guardava con interesse alle imminenti imprese coloniali già programmate. In questo contesto i conservatori, al contrario dei democratici, dei radicali e dei repubblicani, non avrebbero ostacolato la politica coloniale che diventerà vera e propria “avventura” con il governo di Crispi.
Il 21 febbraio, infatti, partì per Massaua una compagnia di fanteria appartenente al 6° Reggimento di stanza a Perugia. Ci furono grandi cerimonie e solenni discorsi sotto l’egida del nuovo sindaco, non ancora consacrato dal decreto reale, mentre “La Provincia” spargeva manciate di gelo sull’impresa africana.
I segni più importanti che Berardi lasciò sono legati alla bonifica sanitaria della città e alla creazione dell’Istituto Agrario. Subito dopo il suo insediamento nominò una commissione per indagare sulle condizioni igieniche di Perugia. Le conclusioni non furono incoraggianti se alla fine del 1885 ancora quattro case non erano abitabili per mancanza d’aria e travature vacillanti; in altre tredici si accumulava letame e immondizie nei fondi; in 17 erano alloggiati animali e le stalle non disponevano né di piancito né di scoli; le latrine mancavano dovunque e gli orti interni all’abitato, concimati con i liquami dei pozzi neri, creavano seri problemi non solo all’olfatto. Il sindaco continuava il lavoro dei suoi predecessori in un settore vitale per la città che, grazie all’insistenza di queste attenzioni, allontanò il pericolo del colera abbastanza ricorrente nelle città vicine.
Nel mese di gennaio 1886 Berardi e l’onorevole Fani andarono a Roma e furono ricevuti da una delegazione governativa per patrocinare la richiesta di devolvere i beni di San Pietro a favore della scuola agraria. I monaci benedettini, ormai anziani, erano rimasti solo 4 e bastava che ne fossero morti due (cosa che si verificò il 26 febbraio 1890) per far scattare la clausola dell’indemaniamento prevista dal decreto Pepoli. I Benedettini avevano organizzato una fiorente colonia agricola che raccoglieva circa duecento ragazzi, ma si trattava di trasformare la colonia in una vera e propria scuola superiore ad indirizzo agrario, come avevano esplicitamente richiesto il Comune e la Provincia, dal momento che specializzazioni del genere esistevano solo a Napoli e a Milano. Perugia, a differenza delle due città citate, che non avevano terreni disponibili per le esercitazioni pratiche, a Casalina disponeva di una tenuta di oltre duemila ettari, ideali per il tirocinio. Se quei beni, anziché allo Stato, fossero stati assegnati alla futura istituzione scolastica, ne avrebbe guadagnato un settore vitale dell’economia italiana.
Il progetto presentato prevedeva che gli studenti di Milano e di Napoli avrebbero potuto essere ospitati a Perugia per frequentare i corsi di perfezionamento, in particolare nel settore enologico, che avrebbe costituito uno dei punti qualificanti e specializzanti del nuovo indirizzo. L’attenzione all’enologia fu una scelta lungimirante a all’avanguardia, in un’epoca in cui non esistevano indirizzi simili e si vinificava semplicemente secondo la tradizione e l’esperienza acquisita.
Il viaggio di Berardi e di Fani a Roma ebbe un seguito nella legge 10 luglio 1887 (Legge Fani) con la quale il patrimonio dei Benedettini di San Pietro fu costituito in “Ente Morale Autonomo e destinato al mantenimento dell’istruzione agraria sotto la diretta autorità dello Stato.” Su questa prima struttura sorgerà poi la vera e propria Facoltà di Agraria.
Il 17 novembre 1889, dopo le elezioni amministrative svoltesi con la nuova legge elettorale, il vecchio combattente, ormai stanco e sofferente, passò la mano a Paolo Angeloni. Morirà poco dopo, il 1° novembre 1890.
Roberto Sciurpa
(Pubblicato su Corriere dell'Umbria del 1 maggio 2006)