GUGLIELMO CALDERINI E
OSVALDO ARMANNI



Guglielmo Calderini (1837-1916) fu un perugino autentico che unì alla grande creatività professionale e all’autorevolezza della docenza universitaria la vivacità di un impegno sociale maturato nel clima inquieto del morente potere papalino.
Il suo primo lavoro fu lo Stabilimento Balneario (oggi villino Mavarelli, appena fuori dai Tre Archi). Gli era stato commissionato dalla Cassa di Risparmio nel 1861 su un’area concessa dal Comune “purché i poveri sotto ordinazione medica potessero bagnarsi.” Quando nel 1870 si celebrò l’inaugurazione ci si accorse che mancava l’acqua, particolare non di poco rilievo che capitò qualche decennio più tardi anche a un Federale fascista durante la solenne cerimonia della riapertura della Fontana Maggiore.
Nello stesso anno il Comune gli concesse “L’Area dei Canapè” per costruire una struttura rivoluzionaria che non si era mai vista prima: un palazzo in condominio. Non fu facile vendere gli appartamenti lussuosi e ampi, sovrapposti in un casermone in cui si entrava tutti dalla stessa porta e con il gabinetto “a buco” sul pavimento. Ma Calderini era innovativo nei progetti architettonici come nell’impegno sociale e nella lotta politica che lo videro in prima fila in più di una occasione.
La grande protesta popolare del luglio 1873 per la mancanza ed il rincaro dei generi di prima necessità fu organizzata dai borghesi perugini e non si limitò solo a chiedere il pane, ma anche l’aumento dei salari. Tra i rappresentanti della povera gente, oltre a Raffaele Omicini, Braccio Salvatori e Francesco Veracchi, c’era anche Guglielmo Calderini, democratico accanito, che chiese al Sindaco Ansidei “d’intendersi con l’amministrazione governativa e provinciale e coi principali capi-fabbrica e commercianti per un accordo diretto ad aumentare la mercede dell’operaio onde si possa condurre meno stentatamente la vita”.
Tra un progetto e l’altro trovava il tempo di farsi vivo attraverso la stampa firmandosi con lo pseudonimo “senzacravatta”. Il Birichino, un foglio umoristico che si pubblicò a Perugia dal gennaio al novembre 1876, lo ospitò più di una volta.
Intorno al 1890 costruì la facciata di Palazzo Cesaroni, “il milionario” della città e suo amico, che nelle pause dei molteplici impegni imprenditoriali faceva l’ultra democratico.
Partecipò anche al concorso per il monumento a Garibaldi che fu collocato nell’attuale piazza Matteotti (allora piazza delle Erbe) il 20 settembre 1887, ma fu giudicato migliore il bozzetto del fiorentino Cesare Zocchi. In quel periodo Calderini stava lavorando al restauro della Chiesa di San Costanzo che venne riaperta al culto nel febbraio dello stesso anno.
Proprio in quell’anno gli fu commissionata l’opera più nota avendo vinto il concorso per la realizzazione del Palazzo di Giustizia di Roma sul Lungotevere (il Palazzaccio). La prima pietra fu posata nel marzo del 1889 ed il Comune di Perugia onorò il suo illustre concittadino con una medaglia d’oro che gli fu consegnata dai deputati Fani e Pompili. I lavori si protrassero fino al 1910 e sulla facciata, “fu innestato un suntuoso trattamento che si rifà al Cinquecento e non al Barocco”, su impianto Beaux Arts.
L’attività principale di Calderini era, però, quella di docente all’Università di Architettura di Roma dove, secondo il critico Francesco Negri Arnoldi, “dette il contributo più ricco al linguaggio neorinascimentale, offrendone la versione nota come stile umbertino”.
Nello stile umbertino il Rinascimento è uno dei revival più favoriti, contaminato da elementi gotici e barocchi in cui affiora, talvolta, anche il gusto floreale, tipico dello stile Liberty con cui si chiuderà il secolo. Negli ambienti aleggia un’atmosfera decadente, molto “abbondante” nelle dimensioni e nella quantità. Armadi, librerie e attaccapanni in palissandro, spesso ornati di filettature in ebano, sono sovrastati da maestosi cornicioni, espediente fin troppo scontato per accrescerne il tono. Quando lo stile umbertino si atteneva al Rinascimento puro, senza essere appesantito da orpelli ornamentali di varia ispirazione, riusciva più gradevole e meno pesante, come si può constatare nel progetto originario del “Palazzaccio” di Calderini.
Verso la metà degli anni Settanta, all’Università di Roma capitò un altro perugino, Osvaldo Armanni (Perugia 3 agosto 1855 – Roma 3 gennaio 1929), che proveniva da una famiglia di Assisi e divenne un promettente allievo del professor Calderini.
Armanni respirò a pieni polmoni gli indirizzi della cultura architettonica del suo maestro e del suo tempo e le opere che progettò ancora ne portano i segni. Si dedicò all’insegnamento del disegno architettonico prima al Regio Istituto Tecnico di Roma, e poi alla facoltà di Architettura di quella Università come docente di ornato, mentre coltivava la libera professione elaborando progetti di vari edifici pubblici.
La sua opera principale rimane sicuramente la sinagoga di Roma, progettata in collaborazione con Vincenzo Costa tra il 1899 ed il 1904. L’edificio presenta motivi decorativi tratti dall’architettura assiro-babilonese in memoria della terra originaria del popolo ebreo, ma sono evidenti anche riferimenti neorinascimentali. Sempre per la comunità ebraica progettò gli oratori israelitici di Roma, in via Balbo e sul Lungotevere Mellini. Ma gli edifici più noti furono il Palazzo delle Poste e Telecomunicazioni di Perugia, in Piazza Matteotti, di stile neorinascimentale, quello di Mantova e di Reggio Calabria, e la sede della Camera di Commercio per l’Umbria di Foligno.
Con la costruzione del Palazzo delle Poste, Perugia risolveva un annoso problema. Durante il dominio pontificio l’ufficio era collocato in un piccolo locale sotto le Logge di Braccio, in Piazza del Duomo. Il 1° maggio 1862 fu trasferito in un locale più ampio di via Riaria (Baglioni) e lì rimase fino all'inizio del secolo quando, dopo una breve dimora al piano terra del nuovo Palazzo Cesaroni in Piazza Vittorio Emanuele II, fu trasferito nella sua sede naturale per essere sfrattato in epoca recentissima per le esigenze degli uffici giudiziari.
Un’opera caratteristica e importante nel percorso professionale dell’Armanni consiste nell’elegante e sobrio edificio della scuola elementare di Umbertide in cui i riferimenti neorinascimentali si armonizzano con il comparto urbanistico circostante. La costruzione dell’ampia struttura ebbe inizio nell’estate del 1914 e alla fine di aprile del 1917 era già terminata. In qual modo Osvaldo Armanni approdasse ad Umbertide non è difficile immaginarlo. Era sindaco della città Francesco Andreani, massone, appartenente alla Loggia “Guardabassi” di cui faceva parte anche Guglielmo Calderini. L’anziano maestro avrà certamente suggerito al sindaco di rivolgersi al suo giovane allievo per opere di una certa importanza.
L’ultimo lavoro (1927) fu un omaggio alla sua città di origine, Assisi, per la quale progettò il Convitto Nazionale “Principe di Napoli”, ispirato allo stile medioevale dell’edilizia locale. Il Convitto, con la sua armoniosa imponenza, domina anche oggi, dal punto più alto dell’acropoli, il dolce pendio che degrada lentamente verso la sottostante pianura.
Roberto Sciurpa
(Pubblicato su Corriere dell'Umbria del 21 novembre 2005)